All'avvicinarsi delle elezioni politiche, riesce fuori l'annoso dibattito sui cattolici in politica.
In una logica di selezione della classe dirigente, in politica dovrebbero arrivare quei cattolici che si siano distinti nella vita sociale del Paese. E chiaramente la distinzione di cattolico impegnato nella vita sociale nel paese dovrebbe derivare da un cammino di fede e di formazione così forte da consentire di fare scelte controcorrente rispetto alla massa non cattolica.
Queste distinzioni non si vedono più da diverso tempo. Per diversi motivi.
Il primo motivo è che nelle nostre parrocchie non si fa più vita comunitaria, non ci sono più oratori, i cammini di fede sono autoreferenziali ( il mio movimento è più bello degli altri). La massima aspirazione in una parrocchia è di diventare catechista, Oppure operatore Caritas. Fare beneficenza è sempre gratificante, e seppure faticoso, consentire a masse di fedeli di svuotare armadi ad ogni cambio di stagione ha un suo perché.
Oltretutto di sacerdoti "pastori" ce ne sono sempre meno. Cioè già sono pochi, vuoi pure metterti a sindacare se fanno i pastori di una comunità o si limitano a fare i “distributori di Sacramenti”
D'altra parte perché complicarsi la vita, se in ogni comunità sai bene che ci sono i cattolici a favore dell'aborto o quelli contrari, a favore della guerra o quelli contrari, a favore del vaccino o quelli contrari. Sempre cattolici si considerano, anche se divisi.
E allora via a fare solo omelie e catechesi, su fede, spiritualità, servizio, carità. Tutta roba che non ti deve mettere in crisi con la vita reale.
E allora i cattolici che si distinguono nella società diventano quelli più pravi a parlare (quelli col carisma) o quelli che fanno tanto bene al prossimo (i professionisti della carità).
Cattolici che vengono chiamati a far politica. Da quando non c'è più il partito dei cattolici, la strada intrapresa è stata quella di sparpagliare cattolici sia a destra che a sinistra, in modo che si potesse influenzare le scelte del vincitore di turno. Senza considerare che questo ha finito per snaturare il senso della parola cattolico, ha finito per snaturare il senso dell'azione del cattolico in politica (se ci sono cattolici che votano a favore dell'invio di armi all'Ucraina e cattolici che votano contro l'invio di armi all'Ucraina, è evidente che il voto è in virtù di una valutazione personale del politico, sarebbe difficile ma non impossibile giustificare due scelte opposte su parametri di uno stesso credo religioso).
Il tutto va considerato in un sistema elettorale che controlla totalmente l'accesso alla vita politica per tramite delle segreterie di partito, che senza base di partito sono totalmente asservite ai centri di potere che hanno i mezzi finanziari.
Il tempo dei dibattiti nelle sezioni di partito a cui si andava con libri e quotidiani sotto braccio è finito da tempo, superato con grande enfasi da quel modello di democrazia all'americana che tanti successi ha fin qui mostrato (sono ironico, giusto per chiarire).
In questo disastro che ho rappresentato, e che non credo lontano dalla realtà, è chiaro che ci sono nel territorio realtà che vanno in direzione opposta. Ci sono sicuramente realtà vive, che con fatica e successo portano avanti il loro impegno e la loro missione. Sono anche tante. Ma questo non può essere motivo di giubilo, perché la loro presenza non è evidentemente in grado di incidere complessivamente nella società.
Anzi è motivo di rabbia che tutte queste realtà non possano essere la base di supporto per un soggetto forte che rappresenti i valori del mondo cattolico.
Il discorso potrà sembrare pessimistico.
Ma è chiaro che di fronte alle crisi degli ultimi anni, le scelte fallimentari degli organi direttivi governativi, associativi, ai livelli alti, non hanno quasi nulla di cattolico.
Le cinque emergenze dell'Italia sono la sintesi dello stato evidente del Paese.
Il percorso di uscita dall'emergenza dovrebbe prevedere a mio modo di vedere organi di informazione che siano capaci di raccontare la verità sui cambiamenti in atto, sugli errori strategici commessi, indicando una o più direzioni concrete di speranza.
A questo punto verrebbero messi in evidenza quei soggetti e quelle realtà sociali, economiche, ecclesiali che diventerebbero di esempio e modello da seguire e imitare.
A quel punto servirebbe una massa di persone che adeguatamente informata, scelga di supportare quelle realtà che si distinguono per l'impegno e l'adesione ai valori cristiani nella risoluzione delle esigenze primarie quotidiane delle persone. Un grande, gigantesco, gruppo d'acquisto solidale.
A quel punto, quando nel pieno della crisi, avremo il crollo degli apparati democratici e rappresentativi attualmente esistenti, la ribellione verso la burocrazia che soffoca le libere iniziative dal basso completerà l'opera.
Ciò potrà accadere per scelta (e sarebbe auspicabile) o per drammatica presa di coscienza.
L'analisi potrebbe apparire un po' apocalittica.
Eppure i segnali che arrivano danno questo sentore.
Andiamo sul concreto. La crisi delle bollette energetiche sta portando alla chiusura molte imprese. Le bollette decuplicate che stanno arrivando a molte imprese non sono dovute alla mancanza di gas, ma alle condizioni contrattuali dei distributori (non dei fornitori) di energia.
Tale problema sarebbe risolvibile con una modifica delle condizioni contrattuali dei servizi energetici. Tali condizioni oggi sono regolamentate da norme comunitarie e favoriscono alcuni paesi danneggiando tutti gli altri.
Un imprenditore che chiude l'azienda perché non può sostenere i costi energetici (al di la dei danni che a cascata ne derivano) che cosa può chiedere alla politica?
Che faccia iniziative per cambiare quelle condizioni contrattuali vessatorie.
La politica deve avere il coraggio di cambiare urgentemente queste norme. In maniera concordata a livello europeo se possibile. Altrimenti in modo unilaterale (vista la situazione di emergenza, siamo evidentemente in una economia di guerra) se qualche paese "europeo solidale" dovesse fare opposizione.
Tutto questo non è accaduto ancora, la lentezza con cui si sta trattando la questione non solo non è cattolica (con riferimento ai cattolici al governo attualmente) è disumana.
Se poi nasceranno gruppi di protesta che sceglieranno lo sciopero delle bollette (che a mio modesto avviso è sacrosanto) non sarà certo la burocrazia che potrà impedirlo.
Nella ipercontrollata Cina è già successo questa estate. La crisi del mercato immobiliare cinese ha fatto fallire molti intermediari del settore, per cui centinaia di migliaia, forse milioni di cinesi, che avevano fatto mutui per acquistare una casa in costruzione, hanno scoperto che la loro casa non sarebbe stata finita. Nonostante il controllo esercitato sui loro social, è partito il tam-tam dello sciopero dei mutui. La gente ha smesso di pagare le rate di mutui per case che non avrebbero mai avuto in consegna. Il governo cinese ha capito che la crisi che finora aveva colpito i costruttori, si sarebbe così allargata alle banche ed alle finanziarie e quindi all'economia intera. A quel punto è stata emanata una legge che finanzia con soldi dello Stato tutte le case che sono state già oggetto di vendita al fine che ogni cittadino ottenga il completamento dei lavori della propria casa e non perda i soldi che aveva investito per acquistarla.
La protesta spontanea ha portato un cambiamento reale. SI PUO' FARE.
Servirebbero associazioni cattoliche che invece di fare inutili richiami a valori che non cambiano nulla nella realtà (più Europa, più inclusione, più accoglienza, ecc) diano indicazioni concrete, e se del caso anche organizzare la protesta, non per creare disordini, ma per evitare che esplodano.
Stanno parlando sempre più di razionamenti energetici per l'inverno. Se dovesse verificarsi ciò che alcuni paventano per l'inverno, con i decaloghi delle buone intenzioni non ci fai neanche il fuoco per riscaldarti.
Detto questo smettiamola di raccontarci dei cattolici in politica. E guardiamo alla realtà con occhi sinceri e non ideologizzati.
E forse qualcosa può realmente iniziare a cambiare.
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